Questa Scuola è il Piano ben riuscito

Proporre un piano non è mai stata l’idea,

si tratta piuttosto di prendere sempre uno slancio

sul piano offerto dalla vita.

Riprendere ogni anno con coraggio ciò che abbiamo raggiunto 

– dopo una revisione cosciente-

sapendo che il piano è uno,

anche se si ignora, non si conosca oppure venga rimandato.

 

Il Piano è uno.

Come una scarica

Questa Scuola sussiste sopra, nonostante e per l’astrazione esistenziale della vita e quindi del sé, il sé nella sua più semplice ed eccelsa natura e bellezza. Questa Scuola è una rotta in mezzo al transitare umano ed è risultata “amorevolmente esigente”, condizione che emerge come risultato della valutazione di ciò che ci circonda, da ciò che viene osservato di tutta questa realtà transitoria e circostanziale, scomoda e tante volte imposta, inoltre, come forma di vita.

 

Per tutto ciò, la sensazione di ricreare il piano si è acuita, giorno dopo giorno, sapendo che la finzione collettiva non appare come un piano fattibile. Questa Scuola vibra nella risonanza sottile di un’invisibilità con piena possibilità di percezione e di raggiungimento intimo. Questa Scuola è il piano raggiunto per l’anima e per la coscienza. È il piano per essere quel “Dasein”, basato sulla tagliente astrazione “Heideggeriana”, che dopo aver ruminato nozioni vediche, platoniche, aristoteliche, hegeliane e di quanta anima frugò nelle sue viscere per ottenere il senso dell’essere, offrì questa affascinante idea, situandolo in essere-nel-mondo, nella sua intera esistenza.

 

Senza arrivare a complicare fino a questi estremi la natura della nostra esistenza, sappiamo che l’essere, la sua vita, tutta la sua esistenza risponde ad un piano, non predisposto, ma, piuttosto con possibilità di gioco ed espansione.

Contrasto ed equilibrio

 

Questa Scuola è il piano raggiunto per l’anima e per la coscienza. Mi permetto di dirlo subito e apertamente. Disinteressata per ciò che possa produrre o tentare come materia confutabile per alcuni. Egualmente lontana da fanatismo o dogma, religiosità o indottrinamento. Quando una tale via si apre così è la libertà che si rivela, data come rinuncia e dedizione, parole incomprese da chi non la sperimenta come mezzo di espansione della coscienza e di liberazione.

Questo paio di anni, alla vigilia del terzo, stimando quanto prodotto dalla pandemia, ho evidenziato quanto sia difficile e continuerà ad essere mantenere la forza della costante, accettandola come esercizio di resistenza e tempra. Quando mi è stato dato quel “continuare sempre”, ho pensato che fosse uno stimolo circostanziale, ma si è trasformato in un mantra vitale. Senza lasciare andare la capacità di contrasto ed equilibrio, è stato titanico sostenere un condotto di luce che resista all’ottenebrata carica umana.

Il nostro sentimento è Babaji

 

È stato fatto uno sforzo affinché ogni iniziato di questa Scuola potesse sperimentare questo sentimento, e continueremo. Da qui il sentimento personale disposto verso il contatto. Sfidando il più recente vizio umano: creazione di contenuti, svuotamento di ogni cosa e di ciò che non si è salvato, la spiritualità.

 

Tutto si mescola e si confonde, cercando di imporre emotività finta nei confronti dell’essenza spirituale. Questo è già stato ribaltato nascondendo scopi inconsistenti e torbidi. Si è scatenata una concorrenza selvaggia per coloro che si appuntano su quell’andamento. Vedere questo diventa molto penoso, di pari passo al fatto che tutto punta verso la diversità che porta frattura e frammentazione.

 

Poche proposte lodevoli ed espansive di virtù e valori. Sappiamo che l’etica giace moribonda quando si pretende di snaturare, screditare e svalutare. Questa Scuola continuerà sempre a valorizzare e rispettare ogni autentico slancio spirituale, e di questo siamo Scuola.

Della vecchia Scuola

 

Questa Scuola è così vecchia e antica quanto noi stessi. Come la cellula atomica, la scintilla divina, il gene primigenio, dalla quale si è proposta la vita umana come sistema, evolutivo o no. Avendo imparato, ad un certo punto, che “lungo la strada si aggiustano gli sbagli”, intuiamo che ci sarà sempre la formula temporale per guarire se stessi da questa malattia che si chiama vita e in cui ci consumiamo a vicenda.

 

A proposito della “vecchia scuola”, prendiamo il modo di dire per assumere la nostra relazione a principi, codici e valori che ci fanno mantenere atteggiamenti e comportamenti che ci onorino, così come ai maestri da cui abbiamo imparato. È un’espressione che esalta colui che ha avuto l’umiltà di imparare e distinguersi in atti che non trasgrediscono l’autonomia e la libertà dell’altro, nemmeno sacrificando la propria.

 

Come una buona vecchia scuola si basa sull’amore. Il sentimento originale e primario di tutta questa avventura. L’amore come la costante di tutto. Semplicità radicalizzata, non concettualizzata né senza contesto. Il nostro amore non si può definire né è a portata di mano. È in tutto ciò che facciamo.

 

Senza entrare in romanticismi, né in manifesti sdolcinati o “contenuti” per compiacere, ci siamo disposti nella semplicità dell’amore. Tutto avviene sotto la guida più amorevole e rigorosa, avendo sperimentato i circuiti di connessione d’amore con la Sorgente che ci ha bagnato, strofinato, sfregato e risciacquato l’anima, e che ci fornisce vitalmente di tutto.

La sfera come garante 

Come pilastro di certezza, inalterata e immutabile, la fonte-sfera che istruisce la Scuola. Lignaggio stellare di luce, fonte di coscienza maestra, da tempo offerto per grazia di Lahiri Mahasaya, uno degli istruttori immortali. Sotto la sua guida scopriamo, senza divinizzazione, la Coscienza Babaji. Comprendere e accettare questa nomenclatura: Babaji. Semplice parola di amore, forza e bontà.

La Sfera è l’unica garanzia di ciò che so esiste. Può darsi che qui si manifesti come confutabile risposta la fede, ma oggi la assumo come uno stato di coscienza, raggiunto dopo una ferrea indagine propria e mi permette di continuare, assumendo già che noi umani siamo così: una colonia di individualità disposta a non credere a se stessa.

 

Non c’è traballamento possibile, l’incoscienza si risente come momentanea afflizione. La Sfera, la Coscienza non ha nemmeno bisogno di fede, è. La finalità unica, di uno scopo e di un piano spirituale come questo, è quello di preservare i condotti della fede con gli esseri che hanno lasciato una scia pura da seguire quando si sono consacrati al Sé. Di cos’altro si ha bisogno? E non resta che guadagnare più fede in se stessi.

Scuola che impara

Abbiamo imparato dal nostro potenziale espansivo e abbiamo iniziato a soppesare le strutture energetiche per sostenerci. Quindi, per legge, si è potenziata. È stato il momento in cui abbiamo compreso le infinite possibilità dell’essere, dell’amare infinito, dell’amare sempre e per l’eternità. Amare tutto.

Abbiamo imparato che amare si impara, si impara amando, sapendo amare. Unire nozioni che detonino la testa, facciano volare la mente, resettino la memoria fino all’implosione di te stesso e partendo da lì a sentire.

Abbiamo imparato a raggiungere la potenza di una coscienza vibrante e che fa gioco a tutto ciò che esiste. Niente è estraneo. Sapere che l’amore è la costante energetica che muove e sostiene tutto.

Abbiamo imparato ad abitare noi stessi in presenza dell’amore. È stata la scelta dell’esistenza. Proprio come abbiamo imparato che non sarebbe stato facile a causa delle ripercussioni contrarie. Giusto dire allora: chi ha detto paura?

Abbiamo imparato a disciplinarci nel nostro compito, a occuparci delle questioni in sospeso, a coesistere sotto la correlazione discepolare, a prestare attenzione a noi stessi, ad ottenere rendimenti e risultati senza bisogno di gareggiare.

Abbiamo imparato che la decisione di amare opera come unica legge, per soppesare la vita e stimare l’odissea più incredibile che si intensifica con il risveglio.

Sperimentiamo allora un sentimento che ha riconfigurato, rivitalizzato e ci ha stimolato. Rendendoci conto che non c’era spazio possibile per contenere tutto questo, solo allora, abbiamo deciso di espanderlo. Così si è creata questa nuova Scuola.

Come una carica

Nessun principio né valore

 

Quando ci è stato assegnato il nome Scuola Valori Divini non sapevamo come interpretarlo, anche se non abbiamo tardato a decifrare: i principi e i valori stavano per essere ignorati. E già in questo presente, tutta questa simulazione di integrazione e corrispondenza tra noi è una farsa. Sono stati man mano imposti modelli separatisti, segregazionisti, razziali e discriminatori per disintegrarci. Mai così privi di principio e così divisi.

 

Il Piano per rompere e corrompere la nostra essenza universale è in corso e va avanti con successo. Dissociare e distanziare, da ogni credenza che ci stigmatizza la rottura e la frattura. Oggi si punta alla frammentazione di status, gusti, criteri, generi. La trincea viene ad esacerbare vuoti e a creare bisogni. Si potenzia e si rende ancora più forte l’abbandono del valore umano, diminuito nell’amor proprio e per l’altro. Nulla è concepito per e dall’amore, gli stimoli ad esaltare si estraggono dalle ferite di abbandono o disperazione, vittimizzazione e menomazione, competitività, avidità, invidia e qualsiasi altra miseria da esaltare.

 

Esistiamo come una massa umana frammentata e irrimediabilmente rotta. Non c’è forma né processo di unificazione. Non più. Questo Piano è andato avanti più velocemente di quanto potessimo protestare per sbarazzarci di questo sistema. Ci siamo estremizzati, radicalizzati e resi antagonisti in maniera inconciliabile. E siamo stati tutti presenti quando dalla politica, dall’economia, dai progetti sociali e ambientali si è coniugato il triste ruolo di simulare un’utopica avanzata umana.

 

Siamo stati protagonisti di una farsa esistenziale di evoluzione. Siamo segnati da queste fratture temporali, la pandemia come la più recente. Seguita da quello che passa come guerra, migrazione, lotte tra sinistra e destra, fratture monarchiche, imposizioni globali di persone importanti dello sport, del mondo dello spettacolo, la pseudo-politica, indigesta mescolanza per montare scandali che occupino coloro che ancora non hanno una vita propria.

 

E la successione di eventi si potenzia con la viralizzazione e lo smisurato utilizzo della comunicazione stabilita come fonte inesauribile di eventi che ci raggiungono. Tutto avviene in mezzo a pause imposte e accelerazioni virtuali, che hanno sconvolto la nostra percezione del tempo.

È qui che mi viene voglia di citare Nietzsche:

«Il grande distacco arriva all’improvviso… come una scossa sismica; l’anima giovane trema una volta per tutte, si lascia andare, si strappa, lei stessa non capisce cosa stia succedendo. Impera un impulso e un attacco che la domina come un mandato, risveglia una volontà e un desiderio a tutti i costi di partire per qualche luogo; brucia e infiamma in tutti i suoi sensi una forte e pericolosa curiosità intorno ad un mondo sconosciuto… Si risveglia un improvviso spavento e una sfiducia di fronte a ciò che lei amava, un lampo di disprezzo di fronte a quello che si chiama “dovere”, un’esigenza rivoluzionaria, arbitraria, vulcanica che spinge al pellegrinaggio”.

 

Ed è anche quando in questa causale corrispondenza senza tempo né spazio è come se il filosofo contemporaneo Byung-Chul Han continuasse questo sentimento argomentando quanto segue:

“… Chi cerca di vivere più velocemente, finisce anche per morire più velocemente. L’esperienza della durata, e non il numero di esperienze, rende una vita piena. Una rapida successione di eventi non dà luogo ad alcuna durata. La soddisfazione e il senso non si lasciano fondare su un corpo teorico. Una vita a tutta velocità, senza durabilità né lentezza, segnata da esperienze fugaci, improvvise e passeggere, al di là della “quota di esperienze”, continuerà ad essere una vita breve.

 

Quale sarà il cammino del futuro? L’epoca del pellegrino o della marcia è rimasta indietro, per sempre. L’uomo tornerà a marciare sulla Terra dopo una breve fase di vagabondaggio? O abbandonerà definitivamente il peso della Terra e del lavoro e scoprirà la leggerezza del vagare, il vagabondare fluttuante nell’ozio,  il profumo di un tempo fluttuante?”

Globalizzare la menzogna

Tutta questa incoscienza globale è rinforzata dall’influsso protosapiente informatico, fornitore di ogni dato e saziante emergente del bisogno umano di conoscere, scoprire , informarsi, coinvolgersi e rimanere sotto la pretesa di ciò che oggi si intende come sapere.

 

Oggi c’è la possibilità aperta verso l’accessibilità informativa. Riempirsi di dati, fatti e soprattutto pseudonotizie delle realtà create, ha suscitato flusso e velocità alla nostra capacità di registrare, quindi, alla nostra memoria. Questo è ciò che ha generato uno sfasamento. Non essere informati significa non essere, non vivere, non sapere, non poter essere.

Si è quasi soppiantato il risveglio della coscienza con l’emergente facoltà di attualizzarsi di fatti. E la tendenza mondiale è volere, potere, pretendere e imporre ciò che si crede di sapere, sia verità o menzogna, affidabile o ipotetico, reale o fittizio. Non importa.

 

Questa forzatura per adeguarci alla virtualità ha modificato il nostro proprio sistema. Abbiamo ampliato la memoria di cattura per essere alla pari, non solo con gli eventi, ma con il loro seguito e la loro ripetizione, il che ci porta a realtà che crediamo nostre, non importa quanto siano false, ma comportano un fine: globalizzare la menzogna, farci parte di quella menzogna e, la cosa più rischiosa, è credere in essa.

Informazione-Conoscenza-Saggezza

Senza avvertire né confermare che la formula dell’esistenza, con la vita e tutta la sua progressione, ciò che si conosce come morte e così via, sia sotto il rigore del metodo scientifico o l’inspiegabile misticismo, ha portato ad un insospettato rischio la mitica impermanenza umana. Quella che sussiste nonostante le forme di timore, prodotto – precisamente – delle sproporzionate forme di disinformazione che gli esseri custodiscono di sè stessi. Questo è ciò che davvero ignora e tutto quello conduce a questo scopo sarà oggetto di rifiuto, derisione e condanna.

 

Di tutto il resto si sa espresso in manifesti, editti, cancellazioni, vessazioni, disposizioni, opinioni e pareri in ogni spazio data la neopresenzialità nelle reti. Questo sommato all’esacerbazione, alla negazione, così come alle lecite e legittime contraddizioni che sempre ci dividono in due. L’essere umano ha deciso di incarcerarsi in tutti questi sistemi, strategicamente proporzionati, per abusare della sua condizione di co-creatore.

Senza, si è creata una crisi di informazione che cerca di confondere e così rimanere nell’inerzia che priva della libertà. Di quella facoltà intrinseca capace di fornire lucidità, esattezza, conoscenza di sè e rompere l’assedio umano che ci mantiene dentro l’umanità. Bisogna uscire da lì, da qui, bisogna saper uscire anche da noi stessi.

 

D’altra parte, bisogna riconoscere, l’innesco che l’informazione ha rivelato come sintomi di risveglio. Così come qualche attivazione di coscienza e potrebbe sembrare incoraggiante. Non lo è. Si esalta il vettore come possibilità aperta di attivare la coscienza, ma i fattori che lo assecondano, intrappolano. Tante informazioni distorte, mal elaborate e falsamente contrastate, hanno rarefatto la sana elaborazione, la sperimentazione e ingarbugliato la comprensione e la riformulazione.

Sgorga una noia e perfino una generalizzazione che connota la pericolosità nuovamente, di ciò che si avverte come informativo, rancida mescolanza di ciò che sembra conoscenza e saggezza.

Simulare la presenzialità

È necessario abbandonare questa simulazione di presenzialità, la pretesa di abitare in assenza. La virtualità non darà mai il dato puro della nostra essenza-sistema. Non dovremmo rinunciare ai nostri circuiti naturali, estendibili, palpabili, riconoscibili. È abominevole adattarci al susseguirsi di eventi ripetitivi, senza sentire e risentire la sofferenza prodotta da fatti, persone, eventi ed episodi sempre così ricorrenti e conosciuti. Mantenerci nella replica al di là della dinamica della costante spazio-tempo che offre l’opportunità di vita-esperienza.

La sensazione attuale è come se ci fosse stata una rimozione dei veli, ma la percezione si esaurisce ipso facto, di fronte alla valanga di massicci  atteggiamenti che denotano solo disintegrazione e disperazione, per diluire, sentire e radicarsi al già conosciuto. È la nota e prevedibile risposta di massa per assicurare la condotta replicante che mantenga lo status quo, così come i dividendi attesi. Si tratta di questo: mantenere l’ingranaggio attivo della macchina che impera come ordine.

Come una ricarica

Ogni Piano di volo è un aggiustamento ed è per questo che mi permetto il resoconto, la posizione e la valutazione. Proprio come penso che dovrebbero fare lo stesso. Non si tratta di alleggerire il carico, con il giusto scarico per preparare la ricarica che sostiene. È tutto questo e molto altro. È tempo di riaffermarsi. Ci hanno cercato di usurpare l’anima, sequestrare la volontà e spezzare l’impeto, e sminuire l’Essere.

Che non suoni come innesco di conflitti, rimpianti, tantomeno scoraggiamento. Verte sempre sulla riformulazione di ciò che il fattore tempo offre come sperimentazione, avvertendo la sua progressione, la sua apparente cessazione e la possibilità già compresa del fatto che si nasce per morire, sotto l’illusione intrinseca di approfittare di ogni realtà vivibile.

 

Quindi, non si tratta di temere il tempo e il suo passaggio, né di accelerare o rallentare, nè di precipitarlo o nasconderlo, si tratta del fascino della vita o della morte, essendo la stessa cosa. È sapere che il piano di vita corrisponde al trascendente atteggiamento guadagnato nella costante tempo-spazio a cui siamo soggetti, sapendo che l’immortalità è vitale come risorsa esistenziale.

Quest’ anno la Scuola mi ha sensibilizzato molto, molto di piú. Quello che abbiamo forgiato come condotto e realizzazione del Piano. Ho fatto ricorso ad ogni fatto che mi indichi cosa significa, connoti e implichi formarsi in una Scuola così. Quello che ho imparato da tanta gente, in tanti. Allo stesso modo, come abbiamo sfidato con la parola scuola questa umanità.

 

Si tratta di una condotta e un atteggiamento che nobilita ciò che è imparare più che l’insegnare. Oggi, quando tutti vogliono insegnare tutto. È quando dobbiamo capire che non tutto può essere assimilato come un peso e il meccanismo di scarico che parte dalla colpa inflitta come stigma religioso, passando attraverso le restrizioni sociali in termini di status di vita (paese di origine, lignaggio sociale, potere d’acquisto e un lungo eccetera) rimangono nel passato. È tempo di riaffermarsi. Ci hanno cercato di usurpare l’anima, sequestrare la volontà e spezzare l’impeto, e sminuire l’Essere.

Lascio questo testo di Nietzsche come epilogo:

 

“…E Zarathustra parlò così al popolo: È tempo che l’uomo fissi la propria meta. È tempo che l’uomo pianti il seme della sua più alta speranza. Il suo terreno è ancora abbastanza fertile per questo. Ma un giorno quel terreno sarà povero e mansueto, e da esso non potrà più germogliare alcun albero elevato.

Ah! Arriva il tempo in cui l’uomo smetterà di lanciare la freccia del suo desiderio oltre l’uomo, e la corda del suo arco non saprà più vibrare! Io vi dico: bisogna avere ancora il caos dentro di sé per poter partorire una stella danzante. Io vi dico: voi avete ancora il caos dentro di voi.

Ah! Verrà il tempo in cui l’uomo non partorirà più alcuna stella. Ah! Si avvicinano i tempi dell’uomo più spregevole, colui che non sa più disprezzare sé stesso.

Guardate! Io mostro l’ultimo uomo.

«Cos’è amore?» Cos’è creazione? Cos’è desiderio? Cos’è stella? -cosi’ domanda l’ultimo uomo, e sbatte le palpebre…

…Allora la terra è diventata piccola, e su di essa salta l’ultimo uomo, che tutto rimpicciolisce. La sua stirpe è indistruttibile, come l’afide; l’ultimo uomo è quello che vive più a lungo…

…La gente non diventa più né povera né ricca: entrambe le cose sono troppo fastidiose. Chi vuole ancora governare? Chi deve ancora obbedire? Entrambe le cose sono troppo fastidiose.

 Nessun pastore e un solo gregge! Tutti vogliono la stessa cosa, tutti sono uguali: chi ha sentimenti diversi va volontariamente al manicomio. “Un tempo tutti andavano fuori strada” – dicono i più sottili, e sbattono le palpebre.

Oggi la gente è intelligente e sa tutto quello che è successo: così non finisce mai di prendersi gioco. Le persone continuano a litigare, ma presto si riconciliano – altrimenti rovinano lo stomaco. La gente ha il suo piccolo piacere per il giorno e il suo piccolo piacere per la notte: ma onora la salute.

 “Noi abbiamo inventato la felicità”, dicono gli ultimi uomini, e sbattono le palpebre. Non mi capite: non sono io la bocca per queste orecchie. […]

E ora mi guardano e ridono: e mentre ridono, continuano a odiarmi. C’è ghiaccio nel  ridere…”

Testi suggeriti:

Essere e tempo di Heidegger.
L’ultimo uomo di Nietzsche.
Il profumo del tempo di Byung-Chul Han.

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